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#longroadtoturin: l'epilogo
Probabilmente era il 1988 — durante i preparativi delle Olimpiadi di Seul — quando realizzai per la prima volta quanto erano davvero 42 chilometri. Avevo 12 anni, non avevo certamente viaggiato molto, sapevo però che l'esotica e distantissima Milano era a circa 50 chilometri da casa mia, me lo diceva sempre mio padre.
Questo pensiero - quello che una maratona è praticamente la distanza tra casa mia e la Madonnina - mi rimase sempre impresso, chissà per quale strano motivo. Davvero, me lo ricordo bene, ero sul terrazzo di casa al sole di Agosto mentre leggevo uno speciale sulle Olimpiadi di TV Sorrisi e Canzoni.
Ero un bambino che non era capace di giocare a calcio e non buttava una palla nel canestro manco per sbaglio, oh ma come ero bravo a leggere le riviste sceme.
Quell'anno vinse Gelindo Bordin ma non me ne fregò molto. Avevo bollato la maratona come uno sport da pazzi invasati, per me era impossibile e insano correre da Bergamo a Milano in una volta sola.
Ne è passato di tempo da quel giorno, e ieri ho corso la mia prima maratona.
Proprio io, il bambinetto paffuto di un tempo, o il trenta-qualcosa da 2 pacchetti di Camel Light al giorno e 110 chili sul groppone.
Prima di ieri pensavo che sarebbe cambiato tutto, come se arrivare al traguardo imprimesse su di me chissà quale simbolo sciamanico caduto dagli dei della corsa: del resto sono virtualmente partito dal mio paesello fino ad arrivare a Milano (in realtà ho circumnavigato la periferia sud di Torino ma questo è solo un dettaglio), qualcosa doveva pur succedere.
Invece non è cambiato nulla. Cioè sì, è cambiato tutto da quel giorno del 1988, ma ecco, credo che non possa essere imputato alla maratona di ieri.
La cosa buffa è che ora non mi sento un eroe, men che meno un maratoneta.
Non mi sento neanche uno sportivo, nemmeno un dilettante.
Diciamo che mi sento un privilegiato e so di essere veramente fortunato: posso correre senza dolori, le gambe e i polmoni mi reggono quanto basta, la testa anche. Posso viaggiare e vedere belle città, posso passare un po' di tempo coi miei pensieri o isolarmene completamente. Posso essere un po' abbattuto e sconfortato a metà maratona, ma so che all'arrivo qualcuno di importante mi sta aspettando.
Ci ho impiegato un po' di mesi ad allenarmi e fantasticare su questo giorno, ma sono stato incoraggiato da un sacco di persone che mi hanno incitato o semplicemente sopportato: grazie di cuore a voi.
Però ricordando quell'estate del 1988 non riesco a fare altro che pensare a quanto è strana e imprevedibile è la vita, e che in fondo qualsiasi ambizione non è poi così impossibile da realizzare.
Basta essere circondato dalle persone giuste e tutto è più facile, credetemi.
XXVII Turin Marathon Gran Premio La Stampa - Torino (TO) - 42,48 km.

#longroadtoturin: non ce la posso fare
Sono passati 2 mesi e mezzo dal maledetto giorno della mia folle iscrizione alla maratona di Torino 2013.
- Sto correndo poco e male;
- Ho perso forse un grammo / un grammo e mezzo;
- Formalmente non sono manco iscritto alla Maratona. Stranamente sul sito non compaio, e 'sti mariuoli non rispondono alle mie mail. Ho provato anche a chiamare, ma niente, il vuoto pneumatico.
- Ho dolori un po' dappertutto, forse le scarpe sono sbagliate, o forse sono io;
- Per quanto paradossalmente incredibile, ho perfino peggiorato i miei tempi;
- Cerco di trattenermi a tavola ma sono inchiodato all'imbarazzante peso di un capodoglio appena nato;
- Non ho la voglia e il tempo di uscire più di due volte a settimana.
#longroadtoturin: il diario di una (improbabile) follia
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