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Le frange terroristiche non usano Facebook

Ieri sera, mentre guardavo il TG, il nostro Presidente del Senato Renato Schifani ha paragonato gli ormai famosi gruppi di Facebook sul lancio del souvenir in faccia a Silvio Berlusconi a certe sigle estremiste e violente degli anni '70.


Le opinioni spese in questi giorni a riguardo sono tante e tutte diverse: c'è chi dice che la rete è solo un medium e chi dice che insomma, la spazzatura c'è e si vede, e che forse un giro di vite (qualsiasi cosa significhi) sarebbe il caso di attuarla.Ricordo che da piccolo mio padre tornava a casa dall'ufficio con delle vignette umoristiche ricevute attraverso i primi fax e telex e poi fotocopiate da collega a collega. 

Nei tempi in cui le tangenti erano chiamate bustarelle queste primitive strisce, palesemente amatoriali, erano satira self-made spedita e "viralizzata" coi mezzi che c'erano.

Oggi niente è cambiato: una battuta fatta tra colleghi, o sentita al bar " viene trasmessa solo in modo più veloce e capillare attraverso gli SMS, o gli status dei social network, o ancora con la voce, alla macchinetta del caffè " e poi successivamente ampliata, perfezionata, trasmessa da un non-luogo verso gli schermi di tutti i conoscenti connessi.

Al bar — il giorno dopo l'attentato a Silvio Berlusconi — non c'era persona (di qualsiasi schieramento politico, sia chiaro) che non abbia anche solo minimamente ironizzato sull'accaduto: perché se è vero che nessuno è così barbaro da scagliare o avvallare il lancio di un modellino sulla faccia di qualcuno è vero anche che, vuoi per l'esuberanza del nostro Presidente, vuoi proprio per il simbolo della "sua" città piombatogli in faccia, vuoi perché alla fine "non è morto nessuno" la battuta era facile, troppo facile. Certo, di bassa lega, ma l'occasione era ghiotta per chiunque.

Un modellino di Duomo non è una torta di panna — taglia labbra, spacca denti: ma chi ha scherzato deve per forza essere un estremista o un violento? Non credo proprio. Ma anche se lo fosse questo non è un problema della rete o di Facebook. L'unica differenza che noto è che tutte le conversazioni dentro la rete possono essere in qualche modo tracciate, analizzate, controllate, monitorate — o, per dirla in breve — intercettate.

I fax umoristici che riceveva mio padre no, e lo stesso vale per le battute da bar.Paradossalmente questa strana forma di libero controllo spaventa i nostri politici, ed è assurdo: sapere che 10.000 persone criticano aspramente una cosa sul web non è poi tanto diverso dal sapere che 10.000 persone lo fanno davanti ad un cappuccio e un cornetto.
Chi ne sta fuori spesso ne ha paura (mia madre mi ha telefonato per assicurarsi che io non fossi iscritto a "quei gruppi" sull'internet), e lo stesso vale per la nostra attuale classe politica. 

Nessun "illuminato" censurerebbe anche solo minimamente un mezzo del genere.I gruppi di Facebook a differenza del bancone del bar conteggiano, mostrano dati, cifre, nomi e foto.

Per i politici il web dovrebbe essere una immensa urna elettorale aperta 24 ore su 24, il modo più economico, immediato e potente per conoscere gli umori del popolo " certamente qualcosa che non si può regolarizzare con 4 filtri DNS e una palata di censura.

Il web è molto più trasparente e cristallino di tante altre forme di comunicazione, ma ha un carattere decisamente meno malleabile. Che sia questo il problema?