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Tutto per una frazione di secondo
Sapete quanto impegna correre una maratona? Ve lo dico io, il conto è salatissimo.
Voi vedete solo il secondo finale, il momento cristallizzato in una fotografia orgogliosamente condivisa su Facebook che ritrae uno troppo vecchio e troppo grasso, certamente sofferente, che attraversa un traguardo vestito come un cretino.
Quel coglione che voi vedete sorridente in foto avrà dolori per tutta la settimana, camminerà in maniera imbarazzante per giorni minimizzando l'accaduto e maledicendo le scale. Lui non è un professionista, è quanto di più distante dal concetto di campione: nel momento in cui il fotografo ha pigiato il tasto per immortalarlo i fuoriclasse sono arrivati da almeno un'ora e sono già nella loro confortevole e calda camera d'albergo.
Lui invece è lì, eccolo un secondo prima del traguardo. Dovrà strapparsi i cerotti dai capezzoli perché altrimenti sanguinano come una madonna addolorata, dovrà lavarsi il sale seccato quasi in granelli sulla pelle sotto una doccia sicuramente fredda. Avrà il corpo ricoperto di vaselina ma non abbastanza per non avere almeno una abrasione da sfregamento in qualche posto impensabile. Dovrà bucarsi qualche fiacca o vescica. Ha seriamente corso il rischio di cagarsi addosso senza rendersene conto.
Nessuno ricorderà mai il suo nome o il suo tempo. E' talmente uno sport di nicchia che non ci si ricorda manco di chi vince, figurarsi se si memorizza uno che è arrivato al seicentesimo posto.
Tanto a lui non importa. I pensieri ora sono altri.
Quello stupido avrà scongiurato ogni tipo di infiammazione. Bandelletta ileotibiale, caviglie gonfie, borsite, stiramenti, crampi, fascite plantare, dolori intercostali, emorroidi. Se è fortunato avrà qualche unghia del piede che è diventata nera, gialla o rossa. Se è sfortunato se le trova staccata dal dito, ritrovandola direttamente nel calzino. Un po' come le donne dopo il parto: tempo qualche settimana e perderà il ricordo di quasi tutti i dolori.
Il nostro si sarà cambiato al freddo nei posti più improbabili, ammassato come una bestia da macello in mezzo ad altri. Avrà pisciato o cagato in qualche latrina chimica maleodorante poco prima di partire, si sarà svegliato alle 5 di mattina facendo una colazione terribile solo perché da qualche parte ha letto che le barbabietole rosse e il cioccolato fondente possono fare qualcosa, oltre che schifo.
Avrà fatto code pazzesche da automobilista mentre da podista sarà stato mandato affanculo dagli altri automobilisti. Avrà ingurgitato shottini gelatinosi e stucchevoli pieni zuccheri raffinati pagati a peso d'oro, avrà dormito malissimo angosciato dalle paure e dai dubbi.
Perché che tu sia un amatore o un professionista poco importa: alla partenza non avrai la matematica certezza di arrivare alla medaglia. Troppe variabili, troppi inconvenienti. Basta un tombino, uno spintone o un rifornimento sbagliato.
C'è un altro sport con un traguardo così incerto?
Per questo si sarà allenato fino alla nausea, almeno 10 chilometri al giorno, tutti i giorni. I professionisti ne corrono tranquillamente 50, ma a differenza di loro il nostro amatore avrà fatto i salti mortali pur di trovare un ora tutta per lui, fuori dall'orario lavorativo o dagli impegni familiari. A costo di alzarsi all'alba o andare a correre dopo la mezzanotte.
Tutti i giorni. Su strada, magari nelle tristi zone industriali. O nel fango.
Da perfetto bipolare avrà guardato poi con ammirazione qualche podista senza pensare che anche lui un paio d'ore prima stava correndo sullo stesso identico e odiato tragitto.
Poi la domenica mattina il chilometraggio raddoppia, qualsiasi tempo ci sia.
Sì, perché lui non fa caso al meteo. Anzi no, ne è un fine conoscitore. Perché le stagioni davvero non sono tutte uguali: quel babbeo ora sa distinguere quanto vento, quanto freddo, quanto caldo o umidità c'era rispetto al giorno prima. Sa cosa significa correre sotto la neve, la pioggia, la grandine. Ha imparato cosa è la galaverna.
Consulta frequentemente i siti meteo, ma tanto va a correre lo stesso in qualsiasi caso.
Sarà stato inseguito almeno una volta da un cane randagio.
Avrà comprato guanti, manicotti, maglie tecniche, berrette, imbarazzanti pantacollant in lycra, corsari, orologi GPS, scarpe da corsa. Tante scarpe.
Il dettaglio più incredibile è che ha pure pagato per correre 42 chilometri.
Perché allora lo fa? Chi glielo fa fare?
Davvero, ora come ora non ne ho la più pallida idea. Pensando a questo conto ogni ragione immaginabile non pesa quanto l'altro piatto della bilancia.
Forse siamo solo pazzi. Certamente maniacali, fissati coi tempi, le tabelle, i gadget.
O magari bisogna solo guardare bene la foto dell'arrivo, perché le ragioni non si sapranno mai fino in fondo, ma certamente tutto questo lavoro è stato fatto proprio per quell'esatto momento, non un secondo prima, non un secondo dopo.
E a volte ti girano pure le palle per mesi perché il fotografo ha scattato una fotografia di merda.
Ricominciamo
#BAM2014: Indizi dell'avvenuta catastrofe
Quando ho corso la mia prima maratona sono arrivato al traguardo probabilmente in uno stato di estasi.
Zero dolori (mi ha fatto impressione vedere tanta gente sdraiata all'arrivo che manco un campo di battaglia) e soprattutto zero stanchezza.
Forse perché non ho corso guardando l'orologio per tutto il tempo, forse sono stato distratto dagli applausi e dagli incitamenti della gente o da quegli angoli di città che non conoscevo.
Non so.
Sta di fatto che un'impresa titanica e quasi impossibile si è trasformata in uno sforzo più o meno faticoso ma tutto sommato piacevole.
Allora mi son chiesto: ma davvero l'ho corsa tutta, proprio io?
Ho detto, vah, forse è il caso che ne faccia un'altra. Penso sia normale tentare di replicare, voler confermare a se stessi che non è stato un caso fortuito.
Mi sono iscritto alla Brescia Art Marathon (ah, sono il pettorale 147, non so perché ma prima avevo il 146).
Ci saranno meno atleti, meno spettatori, meno distrazioni.
Brescia, dove giocherò tutte le mie carte su tristissime strade parallele all'A4, con qualche chilo in più sulla panza e una preparazione ben al di sotto del temutissimo livello alla-cazzo-di-cane™.
Sì, ho la testa da altre parti, le gambe di Pinocchio e l'entusiasmo di Carol Beer.
Stando al countdown riportato in homepage mancano 9 giorni, 22 ore e 22 minuti. Non so come andrà a finire, ma così a pelle in questo momento l'ipotesi più accreditata è "Torino è stata una botta di culo, una su un milione di milioni".
#longroadtoturin: come preparare una maratona alla viva il parroco
#longroadtoturin: 100 days of rock
Mancano poco più di 100 giorni, le cose si fanno serie e pesanti.
Dall'ultimo resoconto qualcosa è cambiato, in meglio e in peggio.
Partiamo dal peggio. Il 13 marzo, proprio nel momento in cui tutto il mondo era con il fiato sospeso per l'elezione di Papa Francesco, proprio in quell'esatto momento io stavo cadendo sull'asfalto, inciampando su un tombino. A parte il sangue perso e le cicatrici che si vedono appena prendo un pochetto di sole, sono stato fermo per un bel po' per colpa di una storta alla caviglia destra che ancora oggi si fa sentire (e che scaramanticamente ignoro).
Tre, forse quattro settimane in cui mi sono abbattuto, in cui sono ingrassato, in cui ho perso motivazioni.
Del resto se anche il destino rema contro di me tanto vale abbandonare e 'fanculo a tutti, è stato bello, ci ho provato ma ora lasciatemi qui a marinare con un pacco di patatine, una birra e un cofanetto con tutte le puntate di Game of Thrones.
Il mio corpo sembrava una supernova in piena espansione anche se mangiavo frutta, verdura, frutta e verdura. Ho ricominciato a correre controvoglia - più per obbligo che per divertimento.
La caviglia mi faceva veramente male e spesso tornavo a casa a piedi. Sono riuscito a fare un solo "lunghetto" di 24 chilometri ma nella borraccia c'era acqua e antidolorifico.
Dovevo cambiare qualcosa.
Ho deciso di contattare una nutrizionista (o dietologa, o quello che è: qualcuno che ti dice "magna de meno" e in cambio vuole tanti tanti tanti soldi). Invece la magia e la piacevole scoperta.
- Ok Sig. Blini, la obbligo a mangiare pasta tutti i giorni, e la sera — ogni sera — carne o pesce.
- Mi sta prendendo per il culo?
- No, no, provi.
Risultato: 10 chili persi in 40 giorni, così, nel nulla. Certo, ci sono giorni in cui mi mangerei pure una sparachiodi carica, ma che ci devo fare, è la mesta vita del grassone.
Insomma, se procede così per novembre dovrei (uso il condizionale) essere un figurino con un BMI accettabile per le mie ginocchia.
Poi ho comprato le scarpe nuove. Sono tornato alle Mizuno, finalmente. Sono tornato a poggiare i piedi correttamente, con le altre correvo esclusivamente poggiando i metatarsi. Sembravo una ballerina obesa.
Infine ho scoperto anche che mi han dato il pettorale, sono il numero 163. Ecco una foto di come mi sento:

Insomma, non è facile. Ma ci provo lo stesso.
#longroadtoturin: non ce la posso fare
Sono passati 2 mesi e mezzo dal maledetto giorno della mia folle iscrizione alla maratona di Torino 2013.
- Sto correndo poco e male;
- Ho perso forse un grammo / un grammo e mezzo;
- Formalmente non sono manco iscritto alla Maratona. Stranamente sul sito non compaio, e 'sti mariuoli non rispondono alle mie mail. Ho provato anche a chiamare, ma niente, il vuoto pneumatico.
- Ho dolori un po' dappertutto, forse le scarpe sono sbagliate, o forse sono io;
- Per quanto paradossalmente incredibile, ho perfino peggiorato i miei tempi;
- Cerco di trattenermi a tavola ma sono inchiodato all'imbarazzante peso di un capodoglio appena nato;
- Non ho la voglia e il tempo di uscire più di due volte a settimana.